Correre in salita trasforma un gesto relativamente economico – la corsa su terreno piano – in un lavoro muscolare intensivo, dominato dalla necessità di vincere la gravità. Dal punto di vista metabolico l’organismo deve produrre più potenza aerobica, dissipare più calore e gestire maggiori sollecitazioni muscolari eccentriche nella successiva discesa. Comprendere quante calorie si consumano durante un workout collinare o montano significa allora integrare velocità, pendenza, peso corporeo e durata in un modello unico che rifletta la reale spesa energetica.
Indice
Principi fisiologici del consumo calorico in salita
Il costo energetico della corsa cresce in modo netto quando il piano si inclina. Studi classici e recenti mostrano che l’energia spesa per chilogrammo e per metro può più che quintuplicare passando da pendenze lievi a salite estreme del 45 %: sui tapis roulant di laboratorio si è misurato un incremento da circa 3,4 J kg-¹ m-¹ in piano a oltre 17 J kg-¹ m-¹ sul 45 %. Una revisione del 2021 ha confermato che l’energia cost of running aumenta in maniera progressiva già dal +5 % e mantiene una relazione statisticamente significativa con la pendenza fino a soglie del +20 %. Tale crescita deriva dall’obbligo di sollevare il baricentro ad ogni passo, con conseguente aumento del lavoro meccanico positivo e del consumo di ossigeno.
Il ruolo della pendenza: da curva teorica a coefficiente pratico
Per stimare concretamente “quanto in più” si brucia, l’analisi dei dati sperimentali ha portato a un coefficiente pratico: ogni punto percentuale di pendenza aggiunge circa 0,087 kcal per chilometro e per chilogrammo ai valori della corsa in piano, indipendentemente dalla velocità compresa fra 8 e 16 km/h. In termini pratici, correre un chilometro al 10 % di salita costa circa il 9 % in più rispetto allo stesso chilometro sul livello. Il risultato concorda con le curve biomeccaniche di Minetti e colleghi, secondo cui il costo cresce in modo quasi lineare fino a circa +20 %, prima di manifestare fenomeni di saturazione dovuti a limiti di forza muscolare e ventilazione.
Formule utili per la stima delle calorie
L’approccio più solido in ambito clinico resta l’equazione ACSM per la corsa: VO₂ (ml kg-¹ min-¹) = 0,2 · S + 0,9 · S · G + 3,5, dove S è la velocità in metri al minuto e G la pendenza in forma decimale. Convertendo il VO₂ in litri al minuto (moltiplicando per il peso e dividendo per 1000) e poi in kilocalorie (1 L O₂ ≈ 5 kcal) si ottiene il dispendio energetico minuto per minuto. Quando servono calcoli rapidi su percorsi outdoor, la semplificazione proposta da Cibo360 – Calorie = Peso × Distanza × (1 + 0,87 × Pendenza) – restituisce valori sorprendentemente vicini a quelli della formula ACSM, purché la pendenza media non superi il 15 %.
Esempi applicativi
Immaginiamo un runner di 70 kg che percorre 6 km al 10 % di pendenza a 10 km/h. Con la formula ACSM la velocità (166,7 m min-¹) produce un VO₂ di circa 51,8 ml kg-¹ min-¹; ciò equivale a 3,63 L min-¹ e a 18,1 kcal min-¹. In 36 minuti di corsa la spesa è dunque poco sopra le 650 kcal. Il metodo semplificato, partendo dal canonico 1 kcal km-¹ kg-¹ sul piano, restituisce Calorie = 70 × 6 × 1,87 = 786 kcal: una differenza del 17 %, spiegabile perché il modello lineare non include la lieve riduzione di efficienza dovuta all’alta ventilazione a tali intensità. Se invece lo stesso atleta corresse 6 km in piano alla medesima velocità, il consumo sarebbe circa 420 kcal secondo i valori di riferimento Harvard per 30 minuti di corsa a 6 mph, confermando come la salita quasi raddoppi la spesa energetica.
Fattori che modulano il dispendio
Il peso corporeo resta il moltiplicatore più intuitivo: 5 kg di differenza possono cambiare di 50–80 kcal l’output di un’ora in salita moderata. La velocità interagisce con la pendenza: sopra il 15 % molti runner riducono il passo per contenere la frequenza cardiaca, cosicché l’incremento calorico dovuto al grado si attenua. Anche la tecnicità del terreno incide: su piste sterrate irregolari le oscillazioni verticali aggiungono fino al 4 % di costo aerobico extra rispetto a un tapis roulant, secondo misure di laboratorio condotte su pendenzetra 8 e 12 %. Infine, l’altitudine moltiplica i fenomeni: a 2500 m la minore pressione parziale di ossigeno può alzare il VO₂ relativo del 5–7 % a parità di carico esterno, aggravando ulteriormente le calorie spese.
Strategie di allenamento per gestire o massimizzare il consumo
Sedute steady state su salite dolci mantengono il metabolismo stabile e favoriscono adattamenti mitocondriali senza stress meccanici eccessivi. Gli intervalli brevi su pendenze superiori al 12 % inducono picchi di potenza aerobica che prolungano l’EPOC post-allenamento, aumentando il consumo calorico totale della giornata. Sul piano tecnico, un passo corto e cadenza più elevata riducono il tempo di contatto e la dissipazione di energia elastica, migliorando l’economia, come mostrato dalle differenze fra runner “economici” e “non economici” su pendenze del 15 %. La gestione della temperatura – abbigliamento traspirante e idratazione adeguata – consente di sostenere intensità maggiori senza che la frequenza cardiaca si alzi prematuramente per termoregolazione.
Conclusioni
Il dispendio calorico della corsa in salita è il risultato di una complessa equazione che combina forza di gravità, velocità, morfologia individuale e condizioni ambientali. Le formule ACSM offrono la fotografia più accurata in ambito tecnico, mentre il coefficiente di 0,087 proposto dall’analisi dei dati sperimentali costituisce una scorciatoia affidabile per l’uso quotidiano del runner. Integrare queste conoscenze nella pianificazione degli allenamenti permette di stimare con maggiore precisione la spesa energetica, calibrare l’apporto nutrizionale e, soprattutto, sfruttare la salita non solo come sfida muscolare, ma come potente leva metabolica per migliorare la forma fisica complessiva.