Sappiamo benissimo che in diverse periodi dell’anno a causa dell’innalzamento della temperatura dell’acqua e atmosferico alcune specie ittiche, ma potremmo dire tutte, diventano decisamente più attive, nel senso che lasciano spontaneamente le zone che sono solite frequentare, con l’intento di andare a trovare nuove fonti di cibo. Questa sequenza di eventi, condizioni climatiche più miti e conseguente aumento dell’attività dei pesci, sono fattori a tutto vantaggio del pescatore.
Ma come capita in altre considerazioni o eventi, c’è sempre un’altra faccia della medaglia dove vengono messi in evidenza gli aspetti negativi; nel nostro caso la nota dolente sta nel fatto che con la bella stagione aumenta sì l’attività dei pesci, ma è altrettanto vero che tutte quelle tecniche di pesca che sono strettamente legate a condizioni di mare agitato con acque velate o torbide causate dal continuo passaggio di perturbazioni, andranno a perdere tutte le loro potenzialità di cattura.
Spesso ci troveremo in situazioni di mare forse più adatte a “secchiello e paletta” che a sacca di bigattini con rispettiva bolognese, e noi poveri amanti della cara e vecchia pesca dalla scogliera naturale ci vedremo costretti a ripiegare su altre tecniche. Comunque se nell’unico giorno di ferie che abbiamo deciso di prendere per andare a pescare ci imbatteremo per nostra sfortuna in condizioni atmosferiche decisamente avverse: cioè acqua limpida per non dire cristallina, totale assenza di onda e corrente -in poche parole un vero e proprio lago-, non disperiamo, perché avremo ancora a disposizione un’ultima cartuccia da sparare prima di tornare a casa desolati e afflitti per non aver sfruttato in pieno l’unica giornata di pesca dopo mesi e mesi di duro lavoro.
ZONA
Prima di tutto preferiamo illustrare come scegliere la zona dove effettuare la battuta di pesca, in quanto questa dovrà essere caratterizzata dalla presenza di numerose secche o scogli affioranti. La conformazione di rocce dovrà affiorare preferibilmente a circa quindici o venti metri dalla costa e allo stesso tempo dovrà creare al suo interno una zona caratterizzata dalla totale assenza di rocce o qualsiasi altro tipo di appiglio. Fattore non semplice, ma abbastanza frequente.
Per capire meglio la zona di pesca facciamo finta di vedere un grosso cerchio dove alla circonferenza si riscontra la presenza delle rocce mentre all’interno della sabbia; questo sarà il tipo di zona che dovremo cercare per effettuare la tecnica di pesca che stiamo per illustrare. Dovremo anche accertarci se la zona è ricca di piccole praterie di poseidonia; se lo fosse dovremo stare attenti che questa alga oceanica non impedisca all’esca di fluttuare liberamente o addirittura che venga nascosta dall’alga stessa. Per quanto riguarda la tecnica da utilizzare questa sarà caratterizzata dalla presenza di un artificio, lo zatterino il quale come dice il nome stesso ha la caratteristica di galleggiare e conseguentemente, una volta inserito sul terminale, portare l’esca all’altezza desiderata; comunque andiamo per gradi senza affrettare i tempi.
ATTREZZATURA E TECNICA DI PESCA
Riguardo l’attrezzatura, le canne bolognesi che siamo soliti utilizzare andranno più che bene. Il mulinello, invece, dovrà essere imbobinato con un ottimo 0.18 di diametro. Per fare un esempio, ecco ciò che abbiamo utilizzato per questo servizio: le bolognesi erano la Hulk Start della Fly con azione 3, lunga quattro metri e cinquanta abbinata al mulinello Daiwa S2553. Per quanto riguarda invece la costruzione del calamento abbiamo optato per dei piombi di forma piatta e ovale da dieci o al massimo quindici grammi. Abbiamo fatto passare all’interno del foro il filo madre e conseguentemente un tubicino di stop lungo circa sei sette centimetri.
A questo punto abbiamo legato il filo madre a una girella e costruito un classico terminale da fondo con piombo scorrevole… niente di più semplice. Fatta però questa prima operazione abbiamo preso circa novanta centimetri di filo per terminali dello 0.10/ 0.12 di diametro e inserito lo zatterino, inizialmente senza preoccuparci della distanza con la girella e con l’amo che abbiamo legato.
Per quanto riguarda lo zatterino lo potremo comperare dal nostro negoziante. In commercio se ne possono trovare di varie grandezze e colori; secondo noi tutti validi in quanto non è lo zatterino stesso a catturare, ma sarà solo un tramite. L’importante sarà riuscire a trovare una giusta miscela tra zona di pesca, terminale e altezza a cui posizionare lo zatterino sul trave, ed è proprio questo il nocciolo del discorso cioè a quale distanza dall’amo dovremo mettere lo zatterino? Noi consigliamo di partire sempre ponendolo a circa settanta centimetri dalla girella in maniera da alzare l’esca a circa cinquanta centimetri dal fondo. Comunque questa dovrà essere solo una base di partenza e dovremo modificare le varie distanze tra l’amo e lo zatterino finchè non avremo trovato quella giusta. A volte -sembra quasi impossibile- ma per pochi centimetri sembrerà di pescare in un vero e proprio “deserto marino”. Per quanto riguarda l’esca da utilizzare, il bigattino è la più indicata per questa tecnica meglio se utilizzata anche per pasturare la zona.
Avrete già intuito che dovremo lanciare la nostra esca proprio nel mezzo di quell’immaginario cerchio di cui poco prima parlavamo, in modo da alzarla tra le varie secche e rocce situate proprio ai bordi della circonferenza. Questa tecnica è valida -lo ricordiamo- ogni volta che ci troveremo in situazioni di mare calmo con assenza sia di corrente, sia di moto ondoso. Avremo come accennato una chance in più di successo proprio con condizioni marine ritenute fra le meno indicate per la pesca leggera dalle scogliere naturali con la bolognese. Ovviamente, tutto questo, grazie al nostro zatterino di salvataggio.